E fu così che in un torrido pomeriggio di fine agosto, davanti a un latte macchiato freddo, Elasti mi chiese di raccontarle la mia storia. E quindi sabato 22 settembre 2012, su D di Repubblica, Centostorie stava tra Margherita Buy e Barack Obama.
Era il 2007. Antonella aveva 27 anni, una laurea in Scienze della Comunicazione, un master in Marketing, un posto da precaria che implicava dedizione assoluta e nessuna garanzia economica, un marito tutto nuovo e il desiderio di un figlio o forse due, a Roma, la sua città. “Capii presto che sarebbe stato impossibile, nelle condizioni in cui ero, conciliare ambizioni familiari e professionali”, mi racconta oggi, davanti a un latte macchiato freddo, con lo sguardo dilatato e sognante della gravidanza, mentre si tocca una grande pancia, abitata da due gemelli (“Ho una bimba di quattro anni, volevo darle un fratello ma ho sempre avuto la tendenza a strafare, ed eccomi qui, felice e terrorizzata per quello che sarà”). L’idea nacque allora, in quel 2007, durante il viaggio di nozze, in Francia. “Lì mi colpì l’attenzione nei confronti dei bambini, dei loro libri, dei loro giochi, e del loro mondo. Cominciai a sognare una libreria, ispirata proprio a quell’attenzione, un luogo dove si potesse stare, leggere, giocare e smettere di correre”. Decise di provarci. Cercò una socia per la sua avventura e trovò Aurora, educatrice, mamma di due bambini (“Praticamente una santa”). “Feci uno studio demografico, alla ricerca di un quartiere in cui ci fossero le condizioni favorevoli al nostro progetto”. Scelsero Centocelle, nella periferia di Roma, parteciparono a un bando pubblico, lo vinsero, si indebitarono e il 10 settembre 2007 fu inaugurata la Libreria Centostorie (www.centostorie.it). “Nessuno ci avrebbe mai scommesso, ma noi eravamo molto determinate e non avevamo nulla da perdere. Forse è questo il segreto dei grandi cambiamenti”,
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